LA TRISTE STORIA DEL TEATRO TRIANON

01.02.2021

C'era un tempo in cui La Spezia era una città di teatri: se ne contavano una decina ognuno con la propria offerta ludica e culturale : film, varietà, pièce e avanspettacolo. Era la città della Marina Militare con diecimila mila e più ragazzi in divisa a cui si doveva dare qualche divertimento in assenza dei televisori, dei computer e dei cellulari di oggi.

C'erano, per citarne alcuni, l'attuale Teatro Civico che vide la sua nascita nel lontano 1846, il Teatro Monteverdi, il più grande della Liguria, inaugurato nel 1929 con più di tremila spettatori, il Teatro Politeama costruito nel 1877 e successivamente demolito nel 1933 per far posto alla Piazza Verdi, il Cinema Teatro dell'Arsenale, lo Smeraldo già Duca degli Abruzzi, il Teatro Rossi e poi c'era quel piccolo ma affascinante teatro per opere e spettacoli "più leggeri ma di qualità" che porta il nome di Trianon.

Lui se ne ne sta ancora li da più di cent'anni, in Via Manzoni, nel quartiere del Torretto, dimenticato e bistrattato, come lo è la sua storia: lì nel mezzo di altri fabbricati, con la sua bella ma minuta facciata che, quasi si perde tra le altre all'occhio disattento.

Proprio la sua storia ci racconta che nacque nei fondi di quella che era una casa di appartamenti di proprietà di tali Felicita e Beniamino, due emigranti che alla fine del 1800 cercarono fortuna in Argentina, a Mendoza, per poi tornare dopo vent'anni in Italia, più ricchi e con tanta voglia di ricominciare la vita nel loro paese.

Il teatro Trianon nacque su forte volere dei tre figli maschi della coppia, amanti della musica, della scrittura e delle arti in generale, i quali, con l aiuto dell' dell'architetto genovese Vincenzo Bacigalupi, che operò molto in città ad inizio secolo, diedero inizio alla costruzione di questo loro sogno.

Fu inaugurarlo il 22 marzo del 1913 :e fu tale la bellezza del progetto, in stile floreale in voga con il tempo, al punto da meritare un premio speciale all Esposizione mondiale di Parigi.

Inizialmente fu utilizzato per la rappresentazione di piccole Operette, poi, anno dopo anno, la sua notorietà divenne sempre più grande , la sua nuova fama lo portò a divenire un simbolo di cultura di spettacolo in tutta la città . Erano gli anni della Belle Epoque: correnti culturali e artistiche come spiritismo, psicanalisi e Futurismo iniziavano a muovere i primi passi all'interno dello spezzino e proprio questo teatro si fece culla dei primi inserimenti e dibattiti.

Alcuni tra i più grandi artisti dell'epoca calcarono il suo palcoscenico: Ettore Petrolini, Cuttica, De Marco, Maldacea, Lidia Johnson senza dimenticare un'esordiente Totò sono solo alcuni tra i nomi più famosi che si esibirono al suo interno.

Molti spezzini e foresti ebbero l occasione di entrare al suo interno, sedersi in platea, nelle gallerie o nelle barcacce, in questi spazi eleganti e raffinati , sedersi nelle sue poltrone in velluto, respirare cultura tra le decorazioni statuarie e gli stucchi nei muri opere dell'allora emergente scultore Augusto Magli divenuto poi famoso in tutta la città e non solo, ammirare gli affreschi in tinte di verde di Vittorio Giorgi o i ferri battuti di Cremonini.

Tutto questo durò fino agli anni 30, poi il declino : prima trasformato in cinema , poi parzialmente distrutto e chiuso durante la guerra quando una bomba centrò in pieno l'adiacente TETI, la vecchia compagnia telefonica, poi abbandonato ed infine , culmine di una parabola non proprio mirabile, dal 1946 in poi affittato come garage, funzione che ricopre ancor oggi suo e forse nostro malgrado.

Ma lui è comunque ancora lì, un piccolo gioiello liberty che non scalpita, non urla, malgrado ne avesse tutti i motivi per farlo, composto, presente ma quasi assente, ed è proprio questa sua ambiguità, queste sue cicatrici interiori portate con pacatezza e senza risentimento a renderlo così unico e speciale.  

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